Noemi - La mia Storia con l'EHE
Mi chiamo Noemi, e tutto è iniziato nel marzo 2009. Avevo 26 anni quando, durante una semplice ecografia alla gamba destra per una pallina che sentivo all’interno coscia, è emerso qualcosa di anomalo. Quella massa risultava vascolarizzata dalla vena femorale. Da lì è cominciato tutto: risonanze, ulteriori ecografie, ecocolordoppler. Poco dopo mi hanno ricoverata per una biopsia.
Durante quel ricovero, una radiografia al torace ha mostrato macchie sospette ai polmoni. La TAC con contrasto ha confermato: metastasi in entrambi i polmoni. La diagnosi è arrivata dalla biopsia: Emangioendotelioma epitelioide.
Ricordo ancora il disorientamento. Non capivo esattamente cosa avessi, i medici parlavano di sarcoma, ma nessuno mi spiegava davvero. Mi dicevano che avevano già trattato casi simili, che c’erano tante cure… ma le parole restavano vaghe. Io mi sentivo sola, spaesata e piena di domande.
Ho iniziato la chemioterapia: sei cicli ogni 21 giorni, ricoveri di cinque giorni ogni volta. Non ho avuto miglioramenti, così mi cambiarono farmaci. Ma anche quelli non portarono risultati. Ero confusa, stanca, e soprattutto, non sapevo se quello che stavo facendo fosse giusto per me.

Nel gennaio 2010, sono andata a Torino per avere un altro parere. Il medico mi liquidò freddamente: "Il protocollo è questo, non ha senso che tu giri l’Italia." Mi sentii invisibile.
Fu allora che presi una decisione: interrompere la chemioterapia da sola. A quel punto, mi è sembrata l’unica decisione logica, dopo tutti quei cicli inefficaci, dopo tutta quell’incertezza dal non vedere alcun risultato, e dover convivere con tutti gli effetti collaterali. A distanza di tempo posso dire che quella decisione, per me, fu la scelta migliore.
Nel cercare un centro che avesse una maggior conoscenza di questo sarcoma, entrai in contatto con l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e da lì scoprii che per la mia patologia esistevano altri approcci terapeutici, come Interferone e Sirolimus. Ho seguito queste strade, anche se poi il mio corpo non è più riuscito a tollerarlo, e ho dovuto sospendere anche quelle terapie.
Dal 2010 al 2016 tutto è rimasto stabile. Non sono tutte giornate facili, ci sono stati giorni sì e giorni no, in cui sentivo dolori, paura e frustrazione; nel complesso però, riuscivo a dedicarmi a me stessa, al mio hobby e a vivere la mia quotidianità. Dopo il 2016, il tumore si è esteso anche al fegato, ma è rimasto fermo nei polmoni e nella gamba. Ad oggi, la situazione è ancora stabile.

Nel frattempo, ho scoperto l’Associazione cercando su Facebook. È stato un sollievo immenso. Per la prima volta non mi sentivo più sola. Ho trovato persone con le mie stesse domande, le stesse paure. Ci siamo confrontati sui dolori – quelli che i medici ci dicevano “non essere correlati” alla malattia – e invece erano gli stessi per molti di noi.
L’Associazione è diventata per me un appoggio importante. Anche se non è sempre facile farne parte: a volte si affrontano argomenti complicati, che toccano corde profonde e riaprono ferite che si sperava fossero chiuse. Ma è anche vero che, proprio attraverso quel confronto, ci si sente meno soli. Ed è per questo che sono contenta di farne parte.
Dopo la diagnosi la mia vita è cambiata. Ci sono stati alti e bassi, come per tutti. All’inizio facevo di tutto per non fermarmi, volevo andare avanti a ogni costo. Poi ho imparato a prendermi i miei tempi, ad ascoltarmi.
Ho iniziato a dedicarmi a un hobby creativo. È nato come un modo per distrarmi, per non pensare, per trovare leggerezza nelle giornate più pesanti. È diventato uno spazio in cui esprimermi, in cui ritrovare equilibrio.
E accanto a me, da sempre, c’è Coco, la mia cagnolina. Presenza discreta ma potentissima. È con me ogni giorno, anche quando sto male, anche quando non ho voglia di parlare con nessuno. Mi osserva, mi ascolta, mi sta accanto. Ha quella sensibilità profonda che solo gli animali sanno avere, e riesce a farmi sentire meno sola. Coco fa parte della mia vita. Mi ha aiutato e mi aiuta ogni giorno, anche solo con la sua presenza silenziosa.
Se posso lasciare un messaggio a chi sta vivendo ciò che ho vissuto io, direi questo:
La mente è tutto.
Certo, ci saranno giorni difficili, ma vivere ogni giorno con leggerezza – non superficialità, ma con apertura – aiuta. Fare progetti, anche se piccoli, anche se poi cambiano. Cercare un hobby, qualcosa che ci faccia stare bene. E, se possibile, farsi aiutare. Non c’è niente di male a chiedere supporto psicologico: non è debolezza, è forza.
Accettare è un conto. Imparare a convivere è tutta un’altra storia.
“Oggi sono qui. Nonostante tutto, nonostante le paure, nonostante le terapie interrotte, i dolori sottovalutati, la solitudine iniziale. Sono qui, e come me ci sono tante altre persone. E questa rete, questa piccola grande famiglia, è ciò che ci permette di andare avanti, un giorno alla volta.”
— Noemi
