Marta - La mia Storia con l'EHE
Mi chiamo Marta e la mia vita è cambiata all’improvviso, nel gennaio del 2017. Avevo solo 24 anni. Da qualche mese stavo perdendo peso e avevo una tosse secca che non passava. Lavoravo in una fabbrica di jeans, pensavo fosse solo stress o una bronchite mal curata. Di certo non avrei mai immaginato quello che stava per succedere.
Un giorno, mentre lavoravo, ho sentito un dolore fortissimo al petto, come se l’aria mi mancasse del tutto. Ho fatto finta di niente, anche quando quella sera la febbre è salita e non riuscivo nemmeno a sdraiarmi per dormire. Non volevo preoccupare la mia famiglia, così ho taciuto. Ma il giorno dopo sono andata dal mio medico. Mi ha visitata e ha subito capito che c’era qualcosa che non andava. Mi ha mandato d’urgenza al pronto soccorso.

Lì però non mi credevano. Dicevano che stavo bene, che il mio medico aveva esagerato. Solo insistendo sono riuscita a farmi fare una radiografia. Poi un’altra. E un’altra ancora. Alla fine mi hanno fatto cinque o sei lastre di fila. Avevano capito che c’era qualcosa di grave. E infatti, nel giro di poco mi ritrovo circondata da medici, buttata su una barella, immobilizzata. Uno di loro mi guarda negli occhi e mi dice:
“Signora, lei ha un tumore. È piena.”
Mi è crollato il mondo addosso. Non c’era preparazione possibile a quelle parole. Avevo solo 24 anni. Avevo la mia vita davanti. E ora?
Mi ricoverano. Iniziano gli esami. Bronchoscopia, TAC, PET, risonanze e biopsia… ma nessuno capisce. Prima parlano di un’infezione fungina, poi batterica. Alla fine decido di prendere io la biopsia e mandarla fuori. Dopo qualche giorno, arriva la verità: Emangioendotelioma Epitelioide (EHE), un tumore rarissimo. Nessuno attorno a me lo conosceva. Nessuno sapeva dirmi cosa aspettarmi. Ma almeno, finalmente, sapevamo contro cosa stavo lottando.
A novembre 2017 inizio la terapia: Sirolimus, un farmaco sperimentale. Non è stato facile. Gli effetti collaterali sono tanti: ho perso il ciclo mestruale, ho avuto problemi alle gengive, dolori articolari, afte in bocca. A volte mi sentivo gonfia, stanca, svuotata. Ma nonostante tutto, non sono mai stata davvero sola.
Perché accanto a me, in ogni fase, c’era la mia famiglia. Il loro sostegno è stato la mia ancora. Nei giorni in cui non avevo la forza di parlare, loro c’erano. Nei silenzi, nei pianti nascosti, nelle visite infinite... erano sempre lì.
È grazie a loro se ho continuato a camminare anche quando tutto dentro di me urlava di fermarmi. Con il loro amore, il peso della malattia sembrava, a tratti, più leggero. Perché quando qualcuno ti tiene la mano con fermezza, anche la paura cambia forma.
Con il tempo, ho costruito una nuova quotidianità. Mi sono sposata, ho comprato casa, ho cercato di non lasciare che la malattia decidesse chi ero. I controlli sono costanti, ogni sei mesi una TAC. Ogni tanto la paura torna, ma non mi ha mai paralizzata.
Ci sono stati momenti bui, certo. Giornate no, dove sembra che tutto pesi il doppio. Ma ho sempre scelto di alzarmi, guardarmi allo specchio e dire:
“Ce la posso fare, anche oggi.”
Quando mi guardi, magari non vedi nulla. Vedi una ragazza normale. Ma dentro, porto una storia difficile, che però mi ha resa più forte. Non mi vergogno della mia malattia, anche se a lungo non ne ho parlato con nessuno. In tanti non capiscono, non vogliono capire. Ti fanno domande per curiosità, non per empatia. E allora rispondevo: “È solo una bronchite”. O sorridevo e dicevo: “Sto bene”. Perché non sempre hai voglia di spiegare. E non sempre trovi qualcuno che possa davvero capire.

"Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli trova sempre la forza di riprovarci"
Poi, un giorno, ho incontrato EHE Italia. E qualcosa è cambiato dentro di me. Perché, per la prima volta, non mi sono sentita sola.
Per anni non avevo trovato nulla online, nessuna informazione chiara, nessun punto di riferimento. Poi ho scoperto che c'erano altre persone come me, che stavano lottando con la stessa malattia, che condividevano dubbi, paure, speranze. Con loro ho iniziato a parlare, a confrontarmi, a raccontarmi.
L’Associazione mi ha dato qualcosa di prezioso: ascolto, comprensione, informazioni, ma soprattutto appartenenza. In quel gruppo non servono spiegazioni: chi hai davanti ti capisce al volo, perché ha vissuto le tue stesse notti insonni, le stesse attese, le stesse parole da digerire.
Grazie a EHE Italia ho capito che la mia voce poteva servire anche agli altri. Che raccontare la mia storia poteva essere una forma di cura, per me e per chi verrà dopo. Perché quando ti diagnosticano qualcosa di così raro, la prima cosa che cerchi è: “C'è qualcun altro?”. E se c’è, se lo leggi, se lo ascolti, ti cambia tutto.
"Non arrenderti mai, perché la speranza è l’ultima a morire. Nella vita non bisogna mai mollare, perché se molli sei perso. Quando ti arriva una diagnosi del genere, devi asciugarti le lacrime, alzarti e dire: io ce la devo fare."
— Marta