Lucia - La mia Storia con l'EHE
Una storia di speranza
All’inizio mi domandavo se la mia storia clinica potesse interessare a qualcuno perché non esistono particolarità eclatanti o soluzioni speciali da poter condividere per essere di aiuto a chi ancora annaspa in questo mare mosso che definisce la nostra rarità. Poi ho cambiato idea; in realtà, siamo tutti importanti ed ognuno di noi può mettere in luce un aspetto o solo essere parte di una semplice statistica.
Durante il periodo di caos iniziale, successivo alla diagnosi, ho conosciuto diverse persone che poi sono diventate, come mi piace chiamarle … “amici di avventura”. Sì, perché questa malattia non è bene considerarla una “sventura”, altrimenti la si subisce, è meglio considerarla un’esperienza da affrontare, così come ce ne sono molte altre nella vita. È brutta ovviamente, ci si dovrà convivere per sempre; quindi, in un certo senso occorre accettarla e conoscerla bene.
Molte di queste persone hanno compiuto percorsi davvero tortuosi ed incontrato tante difficoltà soprattutto a causa dell’unicità del male.

Le loro vite sono cambiate, alcuni hanno ottenuto le loro piccole/grandi vittorie, altri si sono dovuti arrendere. Tutti però mi hanno arricchito. Oggi la mia condizione è grave ma non aggressiva, quindi il mio racconto può essere considerato come una piccola luce di speranza per tutti coloro che credono di non averne.
La mia storia comincia nel 2014, quando dopo un episodio di dolore al fianco destro, fui costretta a recarmi al Pronto Soccorso dove venni sottoposta ad una ecografia addominale. La diagnosi evidenziò la presenza di diversi angiomi al fegato, tuttavia nel tentativo di confortarmi, i dottori ipotizzarono la possibilità che potessero provenire dalla nascita. Così non mi preoccupai volendo pensare che fossero innocui. Ritornai a casa tranquilla ma non troppo, concentrata sull’intervento chirurgico che mi apprestavo a compiere.
A questo punto voglio tornare un po’ indietro per aiutarvi a comprendere meglio.
Nel 2006 scoprii di soffrire di Endometriosi, altra malattia spietata perché subdola e spesso difficilmente diagnosticabile. Mi operarono asportando tuba e ovaio sinistro, per poi assumere la pillola a basso dosaggio ormonale a scopo terapeutico per circa 7 anni, ininterrottamente. Poco dopo, mi ritrovai nella stessa identica situazione. Il male decise di ricoprire l’altra tuba e l’ovaio rimasto. Fui costretta ad operarmi per la seconda volta così mi accinsi a sottopormi ai consueti esami di pre-ospedalizzazione. Fu il ginecologo del Gemelli che mi portò a conoscenza che la lastra ai polmoni presentava tanti piccoli nodulini. Perciò feci una PEC per evitare ogni inconveniente durante l’intervento.
Proprio per caso, quindi, come succede nella maggior parte delle diagnosi di Emangioendotelioma epitelioide, riscontrarono diverse calcificazioni polmonari e alcune masse al fegato di notevoli dimensioni che presentavano un leggero movimento cellulare. Con la biopsia epatica la diagnosi fu drastica: EHE localizzato al fegato come organo primario e calcificazioni metastatiche ad entrambi i polmoni.
La mia vita cambiò radicalmente. Smisi di insegnare in palestra e dopo 25 anni di onorata carriera sportiva, io ed il mio corpo non andammo più così d’accordo. La mia psiche non voleva collegamenti che riconducessero a lui. Mi fermai e cercai di capire. Nel frattempo, mi sottoposero all’intervento di annessiectomia, che mi portò alla menopausa chirurgica, avevo 46 anni.

Da questo evento sono trascorsi 11 anni e la mia situazione è rimasta sempre stabile. I controlli sono oramai con frequenza annuale ed ho recuperato un discreto rapporto di fiducia con il mio corpo. La malattia non si vede, si nasconde ma c’è, fa parte dei mali invisibili. Cambia il modo di vedere le cose, di pensare e di fare progetti. È un velo che si interpone tra me, il mondo e gli altri. Ho imparato a circondarmi solo di persone vere, che sanno capire ciò che non è tangibile. Vivo apprezzando ogni giorno per come mi si presenta e per questo ne sono riconoscente.
Mi considero una persona sensibile, che non si arrende facilmente; perciò, in questo frangente temporale, ho fatto di tutto per cercare contatti con altri Pazienti che avrebbero potuto aiutarmi con le loro esperienze.
Questo desiderio mi ha portato a conoscere anime davvero speciali, con le quali riuscii a far avverare il mio nuovo sogno: dare vita, finalmente, ad un’Associazione tutta dedicata a noi e alla nostra patologia. Ricordo con affetto infinito la prima persona con la quale cominciai a fantasticare, Stefania. Insieme scegliemmo i girasoli come simbolo di luce. Ci eravamo ripromesse che anche nei momenti più bui, avremmo dovuto alzare lo sguardo in cerca del nostro raggio di sole. Non è stato per nulla facile ma grazie alla determinazione di tutti ed allo stretto legame che ci univa ce l’abbiamo fatta!
Oggi, oltre a essere parte attiva dell’Associazione, sono vicepresidente e organizzo insieme a mio marito eventi sportivi di raccolta fondi per la ricerca. Collaborando con i miei amici dell’Associazione, abbiamo creato un team davvero forte! Oltre all’amicizia e alla stima reciproca che ci tengono uniti, coltiviamo la volontà di rendere le cose più semplici per tutti noi e magari avvicinarci il più possibile al giorno in cui si troverà una cura. Grazie alla capacità e alla disponibilità del nostro presidente Andrei e della nostra segretaria Caterina, siamo riusciti a costruire un solido rapporto professionale con medici e ricercatori di tutto il mondo scientifico EHE. Con le idee e le competenze specifiche dei nostri consiglieri, organizziamo eventi che ci aiutano a sostenere i progetti di ricerca che scegliamo insieme. Questo impegno mi ha permesso di costruire la mia personale strada verso la speranza.


Ho rielaborato la mia esperienza trattenendo ciò che nutre e lasciando andare ciò che non serve più. Non mi identifico con la patologia ed ho imparato che gli ostacoli sono occasioni di crescita e di conoscenza interiore. Oggi sono capace di generare un nuovo destino affrontando la vita con spirito di resilienza.
Oggi le persone che ricevono una diagnosi di EHE non trovano più un muro di ignoranza, disinformazione, solitudine, ma possono confrontarsi, trovare informazioni, medici, strutture ospedaliere ed in molti casi, amici pronti ad ascoltare. Nel tempo mi hanno confermato che in alcuni Pazienti la stabilizzazione della malattia può essere davvero lunga. Ci sono casi di EHE stabile da molti anni, che ancora vivono felicemente.
Ve lo avevo anticipato, la mia è una storia banale, ma nella sua semplicità, mi ha portato a credere che non tutto capita per caso ed alla fine c’è sempre una ragione, per me è una questione di speranza e di aiuto!
A tutti voi auguro coraggio e di riuscire prima o poi a trovare il vostro “perché”, così da viverlo coscientemente.
“Insieme ci orienteremo sempre verso quel raggio di sole che ci farà brillare.”
— Lucia
